Diritto Internazionale

Parere Pro-Veritate: "Sentenze Arbitrali"

Il . Inserito in Pareri e Commenti

 PARERE PRO-VERITATE

 La camera

  • La riforma del diritto dell'arbitrato, approvata con D. Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, con decorrenza 2 marzo 2006, ha introdotto nel nostro ordinamento l'arbitrato amministrato. L' arbitrato si dice amministrato quando viene gestito e regolamentato da un organismo permanente di arbitrato (camera arbitrale). L'art. 832 c.p.c. prevede espressamente che la convenzione d'arbitrato possa fare rinvio ad un regolamento arbitrale precostituito. Per quanto attiene poi al contenuto del regolamento predisposto dalle organizzazioni permanenti d'arbitrato, l'art. 832 c.p.c. non entra nel merito dello stesso. Ciò vuol dire che la legge ordinaria ha riconosciuto ai tribunali arbitrali  il potere di applicare al merito della controversia un regolamento predisposto autonomamente da una istituzione arbitrale (camera arbitrale). Il giudice dello Stato, in ogni caso, mantiene i poteri di controllo formale del lodo e di accertamento della conformità di detto regolamento all' ordine pubblico

 

2.  L'arbitrato rituale.

  • Il fondamento del dovere decisorio del giudice va individuato  nell' art. 2907 del codice civile per il quale la tutela giurisdizionale è prestata solo su domanda di parte e, quando la legge lo impone, anche su istanza del pubblico ministero o d'ufficio. Nel pronunciarsi il giudice si deve strettamente attenere a ciò che le parti hanno chiesto, prendendo in considerazione la domanda nella sua interezza, non tralasciando nulla. Nell' arbitrato rituale, la pronuncia dei giudici dell' arbitrato ha natura di atto di autonomia privata e correlativamente il compromesso si configura quale deroga alla giurisdizione ordinaria. Il principio dell' autonomia della giustizia arbitrale è riconosciuto direttamente dalla legge e si attua mediante l'esercizio di una potestà alternativa a quella del giudice istituzionale. I giudici dell' arbitrato rituale, cioè dell' arbitrato disciplinato dal codice di procedura civile, non sono qualificabili come organi giurisdizionali dello Stato, ma esercitano la funzione giurisdizionale al pari dei giudici ordinari. La sentenza pronunciata dai giudici dell'arbitrato ha, dalla data della sua ultima sottoscrizione, gli effetti di sentenza pronunciata dall' Autorità Giudiziaria, indipendentemente dalla omologazione del magistrato ordinario. La sentenza arbitrale pronunciata dai giudici dell' arbitrato è una vera e propria sentenza emessa nell' esercizio di una funzione giurisdizionale di cognizione ordinaria. Nell' arbitrato rituale, i giudici dell'arbitrato, poiché pronunciano vere e proprie sentenze aventi gli effetti delle sentenze pronunciate dall' Autorità Giudiziaria Ordinaria, hanno il potere, come disposto dall' art. 2908 del codice civile, di pronunciare decisioni intese a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici tra le parti, i loro eredi o aventi causa, e, quindi, di rendere sentenze costitutive1. Non sono compromettibili in arbitrato rituale, secondo l' art. 806 c.p.c., I comma, i diritti indisponibili, in altre parole non sono compromettibili in arbitrato rituale le materie per le quali è previsto l' intervento del pubblico ministero.
  • Cassazione Civile 15 marzo 1995, n. 3045, rv. 491189.

3.     Gli effetti della sentenza arbitrale (lodo n.d.r.) nel diritto italiano.

  • Le sentenze pronunciate dai tribunali arbitrali della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, nella speciale materia regolata dagli artt. 806 e seguenti del codice di procedura civile, hanno gli stessi effetti della sentenza pronunciata dai giudici ordinari, in quanto i tribunali di detta Corte sono organi di giurisdizione civile ordinaria, aventi, nella speciale materia, gli stessi poteri del giudice civile ordinario2. La sentenza pronunciata dai giudici dell'arbitrato, quindi, “è una vera e propria sentenza emessa nell'esercizio di una funzione giurisdizionale di cognizione ordinaria3. Nell'arbitrato rituale i giudici dell'arbitrato “ in analogia a quanto disposto dall' art. 2908 del codice civile per l'Autorità Giudiziaria, hanno il potere di pronunciare decisioni intese a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici tra le parti, i loro eredi o aventi causa, e quindi, di rendere sentenze costitutive4. Nella riforma del 2006, i suddetti orientamenti giurisprudenziali della teoria processualistica della convenzione arbitrale sono stati recepiti dal lgs 2 febbraio 2006,
  1. 40, mediante inserimento, nel codice di procedura civile italiano, dell'art. 824 bis. Detto articolo testualmente recita: “... il lodo (sentenza arbitrale, n.d.r.) ha dalla data della sua ultima sottoscri- zione gli effetti della sentenza pronunciata dall' autorità giudiziaria ”. Tale formulazione della norma “ risolve i dubbi circa i limiti soggettivi ed oggettivi del giudicato arbitrale arrivando ad  applicare
  • Commissione Tributaria di II grado di Roma, 19 novembre 1984, Temi Romana 1984, 913; Cassazione 22 ottobre 1991 n. 11197, Foro it. 1991, I, 701; art. 824 bis vigente.
  • Corte di Appello di Roma 18 febbraio 1969, rep. Foro it. 159, n. 88.
  • Cassazione 15 marzo 1995, n. 3045, rv. 491189 e Cassazione 10 giugno 1958, n. 1923.

ad esso i medesimi criteri valevoli per il giudicato Statale 5. L'accertamento contenuto nella sentenza arbitrale (lodo rituale, ndr), passata in giudicato, ex art. 2909 c.c., fa stato ad ogni effetto tra le  parti, i loro eredi o aventi causa, e può “ determinare, quindi, tutti gli effetti del giudicato formale e sostanziale alla stregua di una sentenza pronunciata dall' Autorità Giudiziaria ordinaria, dalla  data  dell'ultima sottoscrizione degli arbitri 6.

  • Nel linguaggio giuridico la locuzione “avente causa” indica il soggetto che acquisisce un diritto da qualcuno che ne è titolare, ossia il “dante causa”. Per esempio, nella compravendita di un immobile, il dante causa è il venditore, ossia il titolare del diritto mentre l’avente causa è l’acquirente, ossia colui che acquisisce il diritto. Invece, la locuzione latina “erga omnes”, tradotta letteralmente, significa “nei confronti di tutti. Nel linguaggio giuridico, si usa dire che ha efficacia “erga omnes” una norma applicabile ad intere categorie di persone. Il significato risulta, quindi, essere l'opposto del detto “inter partes”, cioè avente efficacia solo per le parti (di un giudizio, di un contratto, ecc.). In particolare, l'espressione di “contratti erga omnes” fu usata nel diritto del lavoro italiano per i contratti di lavoro, che  sulla base dei Decreti Vigorelli, trovavano applicazione nei confronti di tutti i datori di lavoro e di tutti i lavoratori, anche non iscritti ai sindacati. La sentenza della Cassazione, che accoglie il ricorso di nullità di una sentenza arbitrale, assume autorità di cosa giudicata fra le parti, gli eredi o aventi causa; mentre la sentenza della Cassazione che accoglie la domanda di disconoscimento della paternità, in quanto pronunciata nei confronti del Pubblico Ministero e di tutti gli altri contraddittori necessari, assume autorità di cosa giudicata erga omnes, essendo inerente allo status della persona. Ancora, la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara la illegittimità costituzionale di una norma è una sentenza erga omnes; invece, la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara inapplicabile al caso concreto una norma ha effetti inter partes, in quanto la norma non viene abrogata.
  • Codice di procedura civile, CELT, 2006, pag. 1335, commento all'art. 824 bis c.p.c.
  • Massimo Curti, L'arbitrato, riforma del processo civile, IPSOA, 2006, pag. 94.
  • Secondo taluni giuristi, tra i quali il prof. Giuseppe Mirabelli, primo presidente emerito della Corte di Cassazione, non appare soddisfacente, vista la completa assimilazione della sentenza arbitrale alla sentenza ordinaria, il mantenimento del termine “lodo”, anche se  il relatore del disegno di Legge sul diritto dell'arbitrato del 1989,  definì la questione “meramente formale7. Sarebbe opportuno, pertanto, dopo la scelta processualistica del legislatore italiano del 2006, mutare il termine lodo con il termine sentenza arbitrale. Negli arbitrati internazionali il Tribunale Arbitrale Internazionale – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa nelle sue decisioni usa la dizione “sentenza”, come hanno stabilito di chiamare i lodi la Convenzione di New York del 10 giugno 1958, ratificata dall' Italia con legge n. 62/68, entrata in vigore il 1 maggio 1969 e la Convenzione Europea sull'Arbitrato Commerciale Internazionale del 21 aprile 1961, ratificata dall' Italia con Legge 10 maggio 1970 n. 418, entrata in vigore il 10 novembre 1970. L' art. 10 della Costituzione Italiana dispone che “ l' ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto  internazionale generalmente riconosciute; con tale disposizione si e voluto porre in essere un adattamento automatico, completo e continuo per tutte le norme di diritto internazionale generale, per quelle norme cioè che non si rivolgono a soggetti determinati nella loro individualità, bensì a tutti indistintamente i soggetti dell'ordinamento internazionale.  Tali norme si identificano in definitiva con le norme consuetudinarie generalmente osservate, anche se non espressamente riconosciute dai singoli  Stati;  esse  vengono,  in  forza  del  disposto  dell'art.        10,

    « trasformate » automaticamente in norme di diritto interno, che fanno sorgere immediatamente diritti ed obblighi per i cittadini e per gli organi statali, sempreché per concretezza e completezza abbiano la idoneità di vincolare i destinatari nell'ambito dell'ordinamento interno; se poi leggi ordinarie venissero emanate in contrasto con le norme di diritto internazionale generale, esse sarebbero viziate di incostituzionalità e potrebbero essere impugnate innanzi alla Corte Costituzionale .8

  • M. Rubino Sammartano, Il Diritto dell'arbitrato, III edizione, Cedam, 2002.

 

4.  Controllo di legalità e di regolarità processuale civile

Il controllo del lodo, previsto dall' art. 825 c.p.c., da parte del Presidente del Tribunale Ordinario, in composizione monocratica, è rigorosamente limitato agli elementi formali del lodo medesimo. In ogni caso, come previsto per il controllo di legalità e di regolarità processuale civile del verbale di conciliazione9, il lodo arbitrale non deve essere contrario all' ordine pubblico o a norme imperative. Per ordine pubblico si intende quella parte di un ordinamento giuridico, che ha per contenuto i principi etici e politici, la cui osservanza e attuazione sono ritenute indispensabili all'esistenza di tale ordinamento e al conseguimento dei suoi fini essenziali. Questa parte del diritto è costituita sia dai principi generali e fondamentali dell'ordinamento, sia da concrete norme giuridiche (leggi d'ordine pubblico): principi e norme che riguardano l'ordinamento costituzionale dello Stato, la posizione dei suoi organi supremi, la personalità e la libertà dei cittadini, l'ordinamento del matrimonio e

  • 9 Cfr. D.Lgs. 28/2010, art. 12, comma 1.
  • Virga, Diritto Costituzionale, Milano 1971, pag. 36.

 

della famiglia, la capacità delle persone fisiche e giuridiche, i rapporti  fra le classi sociali, l'ordinamento delle associazioni economiche,  nonché tutte le norme sanzionate penalmente e le leggi proibitive in generale. Dal punto di vista formale, è necessario tenere  distinta  la nozione dell'ordine pubblico da quella del diritto pubblico: il diritto pubblico ha la caratteristica di essere posto dallo Stato  e  dagli  enti ausiliari di esso, con esclusione d'ogni autonomia dei privati, l'ordine pubblico deriva più precisamente dagli organi in cui si concreta la sovranità unitaria dello Stato, cioè dal suo potere  legislativo,  ed  esclude ogni manifestazione non solo  dell'autonomia  privata,  ma  anche di quella pubblica degli enti ausiliari dello Stato e degli stessi organi di esso diversi dal potere legislativo. Nell'arbitrato, il giudice dell'esecuzione non può prendere in esame i motivi di nullità  della sentenza arbitrale, in quanto l'esame dei casi di nullità del lodo, ex art. 828   c.p.c.,    è rimesso al potere dispositivo delle parti, indipendentemente dall'omologazione del lodo, mediante   ricorso alla Corte di Appello competente per territorio. In buona  sostanza,  il  decreto di esecutorietà non garantisce l' immunità da vizi del lodo, il quale per espressa disposizione di legge “ha  dalla  data  della  sua ultima sottoscrizione gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria” (art. 824 bis c.p.c.).  In  altre  parole,  il  decreto di esecutorietà è un titolo idoneo per la trascrizione di una eventuale ipoteca e per l'inizio della procedura esecutiva. Pertanto, si ritengono suscettibili di deposito, ex art. 825 c.p.c., esclusivamente le sentenze arbitrali aventi un contenuto condannatorio, ossia  un contenuto che determini l'assoggettamento del lodo al regime della trascrizione o dell'annotazione. Il decreto di esecutorietà del lodo arbitrale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata in danno della parte soccombente, deve essere munito necessariamente, ex art. 475 c.p.c., di formula esecutiva. Infatti, a conferma di quanto sopra esposto, l'esecuzione forzata ha luogo, ex art. 474, I comma, c.p.c., unicamente per un diritto certo, liquido ed esigibile. In altre parole:

a) la certezza del diritto deve risultare direttamente dal titolo di   credito;

b) la liquidità del credito deve essere di ammontare determinato o determinabile mediante un mero calcolo matematico alla stregua di elementi contenuti nel titolo medesimo; c) l'esigibilità del credito deve sussistere al momento dell'inizio del processo esecutivo. Per questi motivi, non può essere munito di decreto di esecutorietà e di relativa formula esecutiva il lodo arbitrale che nel dispositivo non riporta in danno del soccombente una condanna al pagamento di una somma di denaro o, semplicemente, l'adempimento di un obbligo di fare o di non fare.

  • La sentenza arbitrale iscritta al n. 3/2013 del Registro Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa pronunciata, in data 10 giugno 2013, dal Tribunale Civile Internazionale – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, nella controversia tra l' Ufficio del Procuratore Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa e lo Stato di Antarcticland, è stata dichiarata esecutiva nel territorio della Repubblica Italiana, dal Presidente della XII Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Napoli, con Decreto del 5 marzo 2014 n. 1317/2014 di Ruolo Generale della Volontaria Giurisdizione del detto Tribunale, in quanto il dispositivo della sentenza arbitrale de quo ha condannato l' Istituto Superiore di Diritto Nobiliare di Ragusa a pagare le spese e gli onorari sostenuti  per dare esecuzione alla convenzione stipulata fra le parti, in data 20 aprile
  • Ancora, la sentenza arbitrale iscritta al n. 3/2013 del Registro Generale della   Corte   Europea   di   Giustizia  Arbitrale   di Ragusa pronunciata, in data 10 giugno 2013, dal Tribunale Civile Internazionale – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, nella controversia tra l' Ufficio del Procuratore Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa e lo Stato di Antarcticland è coerente con l'ordine pubblico procedurale, in quanto l'omologazione del giudice ha reso esecutivo il Regolamento della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa per l'arbitrato internazionale ed il Regolamento della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa per il riconoscimento dei soggetti di diritto internazionale, inseriti nella convenzione arbitrale stipulata tra le parti, in data 20 aprile 2013, in Palermo e nel Foro Umberto I n. 22, e registrata nello sportello di Alcamo dell' Agenzia delle Entrate – Ufficio Territoriale di Trapani, in data 24 aprile 2013, al n. 2544, serie
  1. L'art. 816 bis c.p.c. espressamente prevede che “le parti possono stabilire nella convenzione d' arbitrato, o con atto scritto separato, purché anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento”. Pertanto, il giudice ordinario di Napoli al momento della omologazione della sentenza arbitrale, pronunciata nella controversia tra l' Ufficio del Procuratore Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa e lo Stato di Antarcticland, ha riconosciuto la conformità dei detti regolamenti della detta camera arbitrale di Ragusa all'ordine pubblico procedurale italiano.
  • Infine, i detti regolamenti della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa sono stati implicitamente dichiarati conformi all' ordine pubblico procedurale italiano dal Presidente del Tribunale Ordinario di Modica con decreto n. 90/2013 G. e n. 117/2013 Rep. del 5 febbraio 2013 nella controversia tra l' Ufficio del Procuratore Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa ed il Regno dei Santi Pietro e Paolo, e dal Presidente della XII Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Napoli, con decreto del 5 marzo 2014 n. 915/2014 di Ruolo Generale della Volontaria Giurisdizione nella controversia tra l' Ufficio del Procuratore Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa ed il Sovrano Stato Antartico di San Giorgio.

 

5. La Convenzione di New York del 10 giugno 1958.

La Convenzione di New York del 10 giugno 1958, resa esecutiva in Italia con Legge 19 gennaio 1968, n. 62 (Gazzetta Ufficiale n. 46 del 21 febbraio 1968), si applica al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze arbitrali emesse, sul territorio di uno Stato diverso da quello dove sono domandati il riconoscimento e l’esecuzione, in controversie tra persone fisiche e giuridiche. Essa è parimente applicabile alle sentenze arbitrali non considerate nazionali nello Stato in cui il riconoscimento e l’ esecuzione sono domandati. Per « sentenze arbitrali » non si intendono soltanto quelle emesse da arbitri designati in determinati casi, bensì anche quelle emesse da organi d’arbitrato permanenti, cui le parti si siano sottoposte. Al momento della firma o della ratificazione della Convenzione di New York, dell’adesione alla stessa o della notificazione d’estensione, di cui all’articolo X, ogni Stato potrà dichiarare, fondandosi sulla reciprocità, che applicherà la Convenzione unicamente al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze emesse sul territorio d’un altro Stato contraente. Esso avrà parimente la facoltà di dichiarare che applicherà la Convenzione soltanto alle controversie derivanti da rapporti giuridici, contrattuali o non contrattuali, considerati commerciali dalla sua legge nazionale. Per ottenere il riconoscimento e l’esecuzione menzionati nell’articolo precedente, la parte che li domanda deve fornire, nel tempo stesso

 

della domanda: a) l’originale della sentenza, debitamente autenticato, o una copia dell’originale che soddisfi alle condizioni richieste per l’autenticità; b) l’originale della convenzione, di cui all’articolo II, oppure una copia che soddisfi alle condizioni richieste per l’autenticità. Ove la sentenza o la detta convenzione non sia compilata in una lingua ufficiale del paese in cui la sentenza è invocata, la parte che domanda il riconoscimento e l’esecuzione della sentenza deve presentare una traduzione di tali documenti in quella lingua. La traduzione deve essere certificata da un traduttore ufficiale o giurato, oppure da un agente diplomatico o consolare. Il riconoscimento e l’esecuzione della sentenza saranno negati, a domanda della partecontro la quale la sentenza è invocata, unicamente qualora essa fornisca all’autorità competente del paese, ove sono domandati il riconoscimento e l’esecuzione, la prova che:

  1. le parti nella convenzione di cui all’articolo II, erano, secondo la legge loro applicabile, affette da incapacità, o che la detta convenzione non è valida, secondo la legge alla quale le parti l’hanno sottoposta o, in mancanza d’una indicazione a tale riguardo, secondo la legge del paese dove la sentenza è stata emessa; oppure
  2. la parte contro la quale è invocata la sentenza non è stata debitamente informata della designazione dell’arbitro o della procedura d’arbitrato, oppure non sia stata in grado per altro motivo, di far valere i suoi mezzi; oppure
  3. la sentenza concerne una controversia non contemplata nel compromesso o non prevista nella clausola compromissoria, oppure contiene delle decisioni che superano i limiti del compromesso o della clausola compromissoria; tuttavia, ove le disposizioni della sentenza concernenti questioni sottoposte all’arbitrato possano essere disgiunte da quelle concernenti questioni non sottoposte all’arbitrato, le  prime possono essere riconosciute ed eseguite;
  4. oppure la costituzione del tribunale arbitrale o la procedura d’arbitrato non è stata conforme alla convenzione delle parti oppure, in mancanza d’una convenzione, alla legge del paese dove è avvenuto l’arbitrato;
  5. oppure la sentenza non è ancora divenuta obbligatoria per le parti, oppure è stata annullata o sospesa da un’autorità competente del paese, nel quale, o secondo la legislazione del quale, è stata emessa la sentenza.
  • Il riconoscimento e l’esecuzione d’una sentenza arbitrale potranno essere negati, se l’autorità competente del paese dove sono domandati, riscontra che:
  1. l’oggetto della controversia, secondo la legge di tali paesi, non può essere regolato in via arbitrale; oppure
  2. il riconoscimento o l’esecuzione della sentenza sia contrario all’ordine

Ove l’annullamento o la sospensione della sentenza siano domandati all’autorità competente, di cui all’articolo V, paragrafo 1 lett. e), l’autorità davanti alla quale è invocata la sentenza, può, se crede opportuno, soprassedere alla decisione circa l’esecuzione della sentenza; a richiesta della parte che domanda l’esecuzione della sentenza, essa può parimente esigere che l’altra fornisca garanzie adeguate. Le disposizioni della Convenzione di New York non  toccano gli accordi multilaterali o bilaterali, conchiusi dagli Stati contraenti, sul riconoscimento e l’esecuzione di sentenze arbitrali, ne privano alcuna parte del diritto di valersi di una sentenza arbitrale nella maniera e nella misura ammesse dalla legislazione o dai trattati del paese dove la sentenza è invocata. Il Protocollo di Ginevra del 1923, relativo alle clausole d’arbitrato e la Convenzione di Ginevra  del  1927  per  l’esecuzione  delle  sentenze  arbitrali estere cessano d’avere effetti tra gli Stati contraenti, nel momento e nella misura in cui saranno vincolati dalla Convenzione di New York del 10 giugno 1958.

 

 

Prof. Dott. Damiano Bonventre  

 

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